di Gianluca Riccioin in FuturoProssimo le 27.04.2021

Un nuovo studio individua nel battito cardiaco e nella sua interazione col cervello un modo per comprendere meglio il grado di coscienza in chi non ne mostra i segni

Un nuovo studio condotto congiuntamente dall’Università di Liegi (Belgio) e dall’Ecole normale superieure – PSL (Francia) mostra che le interazioni cuore-cervello, misurate mediante l’elettroencefalografia (EEG), forniscono una nuova via diagnostica per i pazienti con disturbi della coscienza.

Negli ultimi decenni sono stati tanti i miglioramenti nella diagnosi delle funzioni di pazienti in coma e post coma. La grande sfida, però, è ancora aperta: quella di misurare il grado di autocoscienza di persone che non possono comunicare. La comunità scientifica sapeva già che la risposta del cervello al battito cardiaco è correlata alla percezione corporea e all’autocoscienza. Ora uno studio dimostra che si possono ottenere informazioni clinicamente significative anche in pazienti con disturbo della coscienza.

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